Questo è un post che contiene alcuni pensieri che scaturiscono da tre eventi concomitanti:
- Ho l’influenza e il medico mi ha prescritto alcuni farmaci che nel bugiardino sono etichettati come doping;
- Come tutti gli altri praticanti di arti marziali tesserati nella FIJLKAM, ho una licenza federale che dedica una pagina ai controlli antidoping, che sono obbligatori per i tesserati impegnati in gare ufficiali (solo che l’Aikido non ha gare…);
- Sono costretto a rimanere in panchina qualche giorno, giusto per evitare di fare l’untore coi miei compagni nel Dojo e anche per riprendermi completamente, così da poter godere appieno della pratica.
Come diceva giustamente Forrest Gump, shit happens: succede di calpestare qualche cacca. Succede anche di beccarsi l’influenza. Sono abbastanza consapevole delle capacità di auto-guarigione del nostro sistema e posso testimoniare che, grazie alla pratica e alla disciplina, mi ammalo molto meno di prima e i tempi di recupero sono molto veloci.
Eppure, ci sono alcune ragioni, fondamentalmente dovute a scadenze di lavoro e responsabilità familiari, che a volte richiedono di forzare i tempi di recupero.
Cambiare stile di vita richiede un po’ di tempo: non è un interruttore acceso/spento: cambiare atteggiamento significa anche accettare che a volte dobbiamo adattarci alle regole (seppur sbagliate) della società moderna. Le bollette devono essere pagate, i ragazzi portati a scuola, le consegne rispettate.
Ad ogni modo, per questi motivi, a volte mi capita di assumere alcuni farmaci dopanti. In effetti, prendendoli, sento che la guarigione avviene per opera di una forza bruta e che il sistema -in particolar modo quello nervoso – viene sovraccaricato. Mi sento meno stanco, più rilassato, più potente.
In tali condizioni, accettare di autoconfinarmi in panchina, è qualcosa di molto difficile. Tutto di me vorrebbe essere lì. E del resto ci sono andato in condizioni peggiori.
Sono abituato ad allenarmi, i keiko sono una delle poche cose stabili in un’agenda che definire liquida è dir poco. La disciplina si trasforma rapidamente in un’abitudine. E le abitudini facilmente generano dipendenza dalle routine. Infine, le routine degenerano in una sorta di assuefazione.
Andare in panchina diventa in realtà una vera medicina. È qualcosa che, presa a giuste dosi, fa molto bene.
Se c’è qualcosa di estraneo al tuo sistema che, in un certo senso, lo intossica, forse è più saggio prendersi cura di te stesso, fermarsi ed evitare di far male ad altri e a te stesso. Soprattutto se stai assumendo un tipo di medicina che modifica il tuo umore e il tuo carattere.
Inoltre, andando in panchina, puoi dedicare del tempo a pensare al modo in cui sei abituato ad approcciarti alla pratica. È qualcosa che è diventato una routine? O è qualcosa che ti stimola ogni volta? O forse ancora è qualcosa che difficilmente accetti di interrompere perché sei scivolato lentamente in una specie di dipendenza, senza accorgertene? Magari non sei più tu il centro, la ragione per cui vai lì ogni sera. I motivi sono lentamente cambiati. La ragione,ora, è l’allenamento stesso. Le abitudini che hai paura di cambiare.
Fare un respiro profondo e chiederci quali sono le ragioni che ci portano a praticare può essere certamente destabilizzante, ma di sicuro è una cura disintossicante per recuperare una vita migliore. Dentro e fuori dal Dojo.
Quindi, la domanda è: esiste il doping nell’Aikido?
Beh, nella licenza federale c’è la pagina dei test antidoping, quindi…
A parte gli scherzi, a volte si incontrano alcuni Aikidoka che idolatrano il concetto di performance ma finora non ho mai conosciuto qualcuno che usasse, per tale scopo, qualcosa di più di qualche integratore e tanto tanto allenamento.
A volte si incrociano persone che hanno addosso l’odore di erba (non di prato…) o di alcolici… Praticare sotto l’influenza di tali sostanze è qualcosa che non possiamo definire di per sé doping ma accade, con più frequenza di quanto si creda- e il Dojo è lì anche per aiutarci a depurarci dalle nostre assuefazioni e aiutare le persone a lentamente sbarazzarsi di questi finti sostegni.
Succede molto spesso che passiamo da una dipendenza a un’altra. L’allenamento è sicuramente qualcosa di più sano del doping (qualunque sia la la sostanza o l’abitudine dopante). Ma siamo sicuri che il nostro modo di praticare sia qualcosa di pulito e puro?
Nonostante la sua apparenza di non competitività, l’Aikido – in verità, ogni disciplina – spinge il proprio io ai suoi limiti reali, rispecchiandoli attraverso la pratica. Le abitudini sono i nostri rifugi, le intenzioni sono ciò che rende i nostri rifugi gabbie o luoghi sicuri e salubri.
Stare in panchina a volte aiuta a ricordarcene.
Prendere una aspirina contro i dolori articolari per poter seguire un seminario E’ doping! Nessun dubbio in proposito. Il dolore è il segnale che ci si deve fermare